da TERZO GIORNALE

L’Europa dovrebbe sforzarsi di persuadere i suoi partner – compresi gli Stati Uniti di Biden – che, contro una potenza nucleare come la Russia, si è già dato il massimo in fatto di resistenza, e che è arrivato ora il momento dell’apertura di una trattativa.

di Rino Genovese

La spirale non si ferma, siamo nel mezzo di una escalation senza precedenti nel cuore dell’Europa: da una parte si dice di volere riprendersi tutti i territori, compresa la Crimea (annessa alla Russia dal 2014), e per questo si compiono anche attentati, come l’ultimo, che ha distrutto il ponte di Kerch; dall’altra, si risponde con le rappresaglie, tornando a bombardare Kiev e altre città ucraine, facendo strage di civili. È evidente che così si finisce dritti nel precipizio (se non ci si è già). Gli Stati Uniti decidono la consegna di nuove armi, ancora più potenti, a Zelensky. L’Unione europea seguita con il refrain che le prospettive di pace – quando, a quali condizioni, in che modo – sono nelle mani degli ucraini, che devono essere padroni del loro destino.

Ebbene, sarebbe il caso di dire con forza che non possono esserlo. Se l’Ucraina, da alleata, vuole diventare parte integrante dell’Unione, entrando in essa a pieno titolo, dovrebbe concordare con il resto dell’Europa le modalità per arrivare – se non altro – a un cessate il fuoco. Nessuno si aspetta una pace duratura nei prossimi anni: ma qualsiasi tregua, anche temporanea, potrebbe profilarsi solo sulla base di un’accettazione almeno parziale – da parte dell’Ucraina – del fatto compiuto. Zelensky e i suoi dovrebbero comprendere che riprendersi la Crimea, per esempio, è fuori portata. La Russia potrebbe ritirarsi, un giorno, anche da lì – ma a quale prezzo? Dopo quanti altri morti nelle città ucraine?

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