Il saccheggio del patrimonio editoriale di una sinistra senza voce

Le spade stanno appese e i foderi abballano. È un vecchio proverbio spagnolesco, in uso nell’entroterra napoletano, che spiega bene cosa stia accadendo a sinistra oggi. Partiti e sindacati in silenzio, i giornali in grande movimento. Infatti, mentre Pd e Cgil non danno segni di permanenza in vita – da giorni non si raccolgono interventi o dichiarazioni, nonostante l’alternarsi di circostanze non ordinarie, come le elezioni in Friuli, l’avvitamento della guerra in Ucraina, le manovre fiscali del governo, e le capriole attorno a ChatGPT (vedi qui) –, si assiste a un gioco delle ombre allarmante sullo scenario mediatico. Segno certo di un’inversione dei ruoli fra mandanti e mandati, fra struttura e sovrastruttura – avremmo detto in un tempo assai lontano –, ma soprattutto anche l’effetto di un rimpicciolirsi del conflitto pubblico.

Da una parte, si assiste a uno stupefacente gioco delle sedie nel piccolo ma ambizioso circolo Pickwick del gruppo editoriale Romeo, un immobiliarista napoletano dalle alterne vicende giudiziarie che, dopo avere tallonato il Pd, prova a sostituirlo. Romeo è un dalemiano di vecchia osservanza e permanente comportamento, che, a conferma della limpida logica della sua bussola, arruola Matteo Renzi come testimonial del “Riformista”: un quotidiano ormai decaduto, in cui solo l’irrilevanza della diffusione autorizza la spregiudicatezza dei comportamenti. Quel foglio – guidato prima da Antonio Polito e dopo da Emanuele Macaluso, fin quasi alla morte, su una linea di garantismo realmente riformista, che gli aveva assicurato un degno spessore di opinione – è passato sotto la disinvolta gerenza di Piero Sansonetti, ex ingraiano rampante del giornalismo targato Pci, che ora sta resuscitando nientepopodimeno che “l’Unità”, entro la metà di aprile nuovamente in edicola, dopo essere stata chiusa nel 2014 dallo stesso Renzi, che riappare oggi nella compagine editoriale che rilancia quel giornale. Il labirinto psicologico diventa così perfetto: ognuno fa esattamente il contrario di quello per cui è noto, rovesciando valori e immagini.

Infatti Sansonetti, da oppositore di Renzi nella liquidazione del giornale che lui voleva attestato su un’opposizione intransigente alla destra di Berlusconi, si trova oggi a essere un divo delle televisioni Mediaset, a veleggiare lungo il crinale di un garantismo a ogni costo, condiviso dagli avvocati di grandi nomi di mafia e camorra. Mentre Renzi, da rottamatore dei vecchi arnesi del Pci, diventa ora collaboratore di un editore dalemiano, per riempire uno spazio elettorale di confine fra la dissoluzione del vecchio re delle televisioni private e la nuova leadership del Pd, che pare non sbocciare.

(continua sul sito)


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