Parecchio tempo fa, verso la fine degli anni Novanta, il vecchio cooperatore Antonio Quadranti, un compagno ticinese che si occupava dei rapporti con i socialisti spagnoli fin dai tempi della lotta antifranchista, ci prese da parte per dirci una cosa importante.

Antonio Quadranti (1934-2019) (foto Lorenza Balmelli, 2007)

Ci prese da parte e ci disse che la Federazione Socialista Italiana in Svizzera (FSIS) doveva assolutamente “rientrare” nel Coopi di Zurigo, lo storico ristorante fondato quasi un secolo prima dalla stessa FSIS, ma poi finito sotto il controllo di un gruppo di intellettuali sessantottini autoctoni. I quali avevano finito per investire tutte le riserve finanziarie in campagne politiche e di solidarietà internazionale, di per sé lodevolissime, se non avessero condotto quell’impresa gastronomica sull’orlo del fallimento.

Quadranti sottolineò che non si trattava di un semplice ristorante, ma del simbolo antirazzista per antonomasia, nato in seguito ai pogrom anti-italiani di fine-Ottocento. E poi il Coopi era stato con Angelica Balabanoff la sede informale del Movimento di Zimmerwald (“Guerra alla Guerra”). E poi ancora, sotto la guida di Ignazio Silone, fu sede del Centro Estero in opposizione e resistenza contro il famigerato ventennio fascista. E poi infine divenne il punto di riferimento dal quale Ezio Canonica condusse a vittoria la lunga battaglia contro le iniziative anti-stranieri di Schwarzenbach…

Fu così che, per evitare un cataclisma reputazionale da titoli a scatola sui giornali locali, il vecchio compagno Quadranti si appellò alla Federazione Socialista affinché essa intervenisse, facendo uso di peculiari facoltà statutarie, che solo la FSIS poteva attivare estromettendo d’autorità i generosi ma disastrosi “sessantottini”.

Con Ettore Cella-Dezza, Elda Ferrari, Edda Canonica, Felice Besostri, Sandro Simonitto, Maria Satta, Donato Luongo e altre/i decidemmo che lo avremmo accontentato, il compagno Quadranti, ben sapendo che di lì in poi c’era da “spalare” un milione di franchi di debiti (circa un milione di euro) – tra impegni già scaduti e impegni in procinto di sopraggiungere per gli obblighi di locazione e quant’altro.

Primo maggio 1930 a Zurigo / Helvetiaplatz. Foto Zollinger (Museo nazionale svizzero)

Il ribaltone avvenne l’11 marzo del 2001 e da allora non si può dire che abbiamo battuto la fiacca. Per oltre vent’anni, lungo due traslochi e un’incredibile sequela di contenziosi (vinti) abbiamo difeso le ragioni di “noi mascalzoni”, appartenenti alla sottospecie migrante del sotto-uomo meridionale.

Per pagare i debiti “esterni” il Coopi raccolse allora i capitali necessari presso soci e simpatizzanti, lanciando un prestito al quale contribuirono di tasca propria migliaia di persone. Ci impegnammo a restituire tutto. E così fu. Sicché nessuno può oggi vantare la benché minima esposizione debitoria nei confronti della Società Cooperativa Italiana Zurigo, fatta eccezione per i due garanti di tutta l’operazione, vale a dire Felice Besostri e chi scrive queste righe.

Dopodiché, dal 20 maggio 2023, trascorsi 118 anni di ininterrotta attività al servizio delle singole persone e delle organizzazioni socialmente impegnate a Zurigo, in Svizzera e dovunque, abbiamo per nostra libera scelta deciso di fare una pausa, sospendendo le attività del Ristorante – in attesa di individuare un locale di proprietà nel quale poterle degnamente riprendere.

E in tale prospettiva lasciateci, però, sperare che, quando il Coopi avrà trovato la sua sede, un’evoluzione geo-politica e geo-economica propizia o quanto meno non troppo avversa sarà frattanto intervenuta, durante il passaggio d’epoca in corso, non solo per noi socialisti e progressisti europei, ma anche per tutto il genere umano, e soprattutto per la parte che più abbisogna di pace, pane e operosità costruttiva.

All’incontro di sabato scorso – che non è stato un “addio” ma un “arrivederci” – hanno preso parte Alberto Aghemo (Fondazione Matteotti, Roma), Renzo Ambrosetti (UNIA, Berna), Renzo Balmelli (Editorialista ADL, veterano del giornalismo), Felice Besostri (Giurista, ex senatore, noto per i ricorsi contro il Porcellum e l’Italikum), Emidio Campi (Pastore evangelico, Storico della Chiesa), Anna-Maria Cimini (Concistoro Valdese, Zurigo), Helmut Holzhey (Filosofo, doctor honoris causa Marburgo), Toni Ricciardi (Parlamentare, docente universitario, Premio Coopi 2023) e Anita Thanei (Giurista, già Presidente della Commissione Affari Giuridici del CN svizzero).

Brillante, per unanime consenso, la conduzione del teologo cattolico Francesco Papagni, al fianco di chi scrive nella moderazione del dibattito. Notevoli gli interventi del grande pittore elvetico-rumeno-israeliano Valentin Lustig e di Guido Farinelli, firma ormai storica del quotidiano “il manifesto”.

Le riprese di questa Giornata Cooperativa 2023 sono state condotte da un filmmaker della statura di Samir, candidato elvetico alla Oscar-Nomination 2015 (“Miglior documentario straniero”). Grazie a tutte/i e arrivederci alla Giornata Cooperativa 2024.

Paginone dedicato al Coopi da Claudia Schmid e Pascal, Unternährer sul Tages Anzeiger, il maggiore quotidiano elvetico (13.5.2023, foto di Sabina Bobst)


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