Sono 1.090 i casi mortali denunciati tra gennaio e dicembre dell’anno scorso: il 10,7% in meno rispetto al 2021, ma con un netto aumento della mortalità tra i più giovani.

I dati dell’Inail sottolineano l’aumento delle denunce di infortunio nel complesso, dovuto in parte al più elevato numero di denunce da Covid-19 e in parte alla crescita degli infortuni tradizionali, e un calo di quelli mortali per il notevole minor peso delle morti da contagio, a cui si contrappone però l’incremento dei decessi in itinere, ovvero nel tragitto casa-lavoro.

I casi mortali per gli uomini sono passati da 1.095 a 970, per le donne da 126 a 120. Dietro questi numeri tante vite spezzate.

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha dichiarato: “Sono dati che non ci possiamo permettere di registrare. Di qui la necessità di agire in tempi stretti per aumentare la sicurezza, la prevenzione e la formazione e anche per sostenere la cultura della sicurezza partendo dalla scuola. Stiamo lavorando per rendere più effettiva la sicurezza, per intervenire anche con dei correttivi che rendano più efficace i controlli con i sindacati e le imprese, ho avviato un tavolo di confronto con l’obiettivo di arrivare a un patto sulla sicurezza. Sul tavolo anche un possibile intervento sul Testo unico con l’obiettivo di aumentare le tutele. Bisogna azzerare i morti sul lavoro”.

Maurizio Landini, il segretario generale della Cgil, invece afferma: “La ripresa produttiva che c’è stata lo scorso anno ha danneggiato anche la tutela della salute e della sicurezza, che continuano a essere considerate un costo e non un investimento. L’andamento in crescita è legato anche al fatto che c’è un aumento della precarietà senza precedenti e che, in molti casi, gli infortuni avvengono in aziende di piccole dimensioni, e soprattutto in aziende che sono in appalto o in subappalto”.

Ivana Veronese, la segretaria confederale della Uil, ha commentato: “Sono cifre impressionanti e vergognose, indegne di un Paese civile”.

Il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, ha affermato: “Numeri inaccettabili. Bisogna rafforzare i controlli per fermare strage dei lavoratori”.

Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, introducendo la più recente e dettagliata indagine realizzata dagli esperti del proprio team in cui si delineano ancora tristemente i contorni di una situazione sempre più preoccupante, ha detto: “Purtroppo siamo consapevoli di come in questo drammatico bilancio restino fuori molti altri decessi. Quelli che appartengono all’economia sommersa e tutti i lavoratori che non sono assicurati Inail. Ci auguriamo, dunque, che il nostro impegno quotidiano nell’elaborazione di questi studi possa sostenere un concreto percorso di prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’obiettivo del nostro Osservatorio è e sarà sempre quello di diffondere i dati dell’emergenza per spronare tutti coloro che si occupano di tutelare la salute dei lavoratori a riflettere e a rispondere quanto prima in modo efficace a questa strage. Perché è chiaro che in un Paese come il nostro, in cui ci sono tutti gli strumenti normativi per proteggere i lavoratori dagli infortuni, non si può arrivare ad ogni fine anno con un bollettino di morte che parla sempre di oltre 1000 vittime. Il punto è, che con un serio programma di formazione e aggiornamento dei lavoratori, attuando azioni di efficace controllo preventivo e di sospensione delle attività in aziende che presentano gravi violazioni delle norme antinfortunistiche, tutti gli incidenti potrebbero essere evitati. Tutti, da quelli meno gravi a quelli più gravi, fino a quelli mortali”.

A sostenere questa riflessione ci sono anche i dati sul totale degli infortuni sul lavoro (mortali e non mortali). Le denunce totali di infortuni nel 2022 sono cresciute del 25,7% rispetto al 2021, arrivando a quota 697.773; con il settore della Sanità sempre in testa alla graduatoria degli infortuni in occasione di lavoro (84.327 denunce); seguono Attività Manifatturiere (75.295) e Trasporti (53.932).

Importante poi in questi dati anche la lettura sull’evoluzione delle denunce totali di infortunio per Covid: a fine dicembre 2021 erano 48.876, mentre a fine dicembre 2022 sono diventate 117.154. Praticamente sono più che raddoppiate, dimostrando che il virus è divenuto molto meno mortale, ma è ancora presente nei luoghi di lavoro.

Impressionante il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale: 35 decessi ogni milione di occupati.

Ma per l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro, ciò che conta maggiormente nello studio dell’emergenza è il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione e provincia per provincia. Si tratta dell’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia alla fine del 2022 è di 35 decessi ogni milione di occupati. Questo indice, un vero e proprio indicatore di rischio di morte sul lavoro, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso.

Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio Vega definisce mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto, alla stregua della pandemia, dividendo l’Italia a colori.

A finire in zona rossa alla fine del 2022, con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 35 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Basilicata, Marche, Umbria e Campania. In zona arancione: Puglia, Calabria, Sicilia, Piemonte, Toscana e Veneto. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Liguria, Abruzzo, Lazio, Molise, Emilia Romagna, Lombardia e Sardegna. In zona bianca, ossia la zona in cui l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa, troviamo Friuli-Venezia Giulia.

Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 150, cioè il 19% del totale. Anche qui l’analisi sull’incidenza infortunistica svela chiaramente come gli stranieri abbiano un rischio di morte sul lavoro più che doppio rispetto agli italiani. Gli stranieri infatti registrano 66,5 morti ogni milione di occupati, contro 31,5 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati.

In cima alla graduatoria della fine del 2022 con il maggior numero di vittime in occasione di lavoro, a livello statistico, si trova la Lombardia, ovvero la regione con la più alta popolazione lavorativa d’Italia (124 vittime) che, per contro, come abbiamo visto in precedenza, presenta un’incidenza di infortuni mortali al di sotto della media nazionale, collocandosi così in “zona gialla”.

Seguono: Veneto (74), Campania (70), Lazio (70), Piemonte (63), Emilia Romagna (59), Toscana (55), Puglia (51), Sicilia (50), Marche (31), Trentino-Alto Adige (30), Calabria (22), Liguria (20), Sardegna, Abruzzo e Umbria (16), Basilicata (10), Valle D’Aosta (6), Friuli-Venezia Giulia (4) e Molise (3).

Da gennaio a dicembre del 2022 è il settore Costruzioni a far rilevare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 131. Seguono: Trasporti e Magazzinaggio (117) e Attività manifatturiere (100).

La fascia d’età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (303 su un totale di 790). Ma l’indice di incidenza più alto di mortalità rispetto agli occupati viene rilevato ancora tra i lavoratori più anziani, gli ultra sessantacinquenni, che registrano 93,6 infortuni mortali ogni milione di occupati. L’incidenza di mortalità minima rimane, invece, ancora nella fascia di età tra 25 e 34 anni, (pari a 17,1), mentre nella fascia dei più giovani, ossia tra 15 e 24 anni, l’incidenza risale 25,7 mortali ogni milione di occupati. Questi dati confermano anche alla fine del 2022 che la maggior frequenza di infortuni mortali si riscontra tra i lavoratori più anziani.

Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro da gennaio a dicembre del 2022 sono 60 su 790. Altre 60 donne, invece, hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro.

Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 150; 59 quelli che sono deceduti a causa di un infortunio in itinere.

Anche alla fine del 2022, è il lunedì il giorno della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali (più precisamente il 18,4% del totale degli infortuni mortali in occasione di lavoro), seguito dal martedì (17,6%) e dal venerdì (17,5%).

Le denunce di infortunio sono in aumento (+ 25,7% rispetto a fine dicembre 2021). A fine dicembre 2021 erano infatti 555.236 mentre a fine dicembre del 2022 sono 697.773. E ad essere più che raddoppiate (ultimi dati dicembre 2022) sono le denunce di infortunio per Covid: passate dalle 48.876 di fine dicembre 2021 alle 117.154 di fine dicembre 2022. Anche decurtando gli infortuni per Covid dai dati appena visti risulta un aumento delle denunce di infortuni del +15% nel 2022 rispetto al 2021.

Sono più di 84 mila gli infortuni occorsi in occasione di lavoro nel settore Sanità e Assistenza Sociale. Oltre 75 mila quelli nelle Attività manifatturiere e sfiorano i 54 mila nei Trasporti.

Le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane nel 2022 sono state 286.522, quelle dei colleghi uomini 411.251.

Questi dati si commentano da soli e dimostrano che la sicurezza nel lavoro deve essere migliorata e applicata, ma bisogna anche combattere contro il lavoro nero.


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