La solidarietà internazionale, le politiche migratorie e la capacità di ascolto del sindacato nella Relazione di Landini.

VOGLIO MANDARE IL SALUTO E LA SOLIDARIETÀ di tutto il Diciannovesimo Congresso Nazionale della CGIL alle sindacaliste e ai sindacalisti – spesso donne e giovani – che ancora oggi in tante parti del mondo vengono arrestati, perseguitati, torturati, uccisi perché svolgono il proprio compito. In Myanmar, nella Filippine, in Tunisia, in Bielorussia, in Turchia, ad Hong Kong aumenta di giorno in giorno il numero dei Governi che colpiscono le libertà iniziando proprio dalla repressione delle libertà sindacali. Come resta altissimo il numero dei Paesi – penso al Qatar, alle altre monarchie del Golfo e ai regimi antidemocratici e illiberali che le negano del tutto.

A tutti coloro che lottano quotidianamente per i diritti dei lavoratori - in condizioni di enorme rischio personale - noi diciamo: la CGIL è con voi. Lo siamo sempre stati e lo saremo sempre.

LA STRAGE DI CUTRO E LE POLITICHE MIGRATORIE Come dice l'appello delle tantissime associazioni che hanno manifestato sabato scorso a Steccato di Cutro, bisogna Fermare la strage, subito! Propongo di osservare un minuto di silenzio e di indossare in segno di lutto, di fraternità e di lotta per tutti i giorni del nostro Congresso la fascetta bianca.

Quelle morti, quel naufragio a un passo dalla nostra costa, tanti bambini, e come sempre giovani donne e giovani uomini, non sono stati un incidente imprevedibile, ma l'ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e potevano evitare.

Chi parte è obbligato a farlo. In questo caso in fuga dall'Afghanistan, con diritto alla protezione umanitaria, ma poco esigibile senza corridoi umanitari neppure vagamente adeguati; in altri casi in fuga dalla fame, dalle carestie, dalle violenze. Tutti hanno diritto di cercare un presente e un futuro migliore. La storia dell'umanità è storia di migrazioni. E l'occidente ha enormi responsabilità sulle condizioni di quei popoli.

Le indagini faranno chiarezza sulle responsabilità giudiziarie, ma la responsabilità politiche ci sono tutte. Ministro Piantedosi, il problema non è impedire alle persone di lasciare il proprio Paese, ma di metterle nelle condizioni di non rischiare la vita per farlo. Vanno attivati i visti umanitari previsti dal regolamento europeo, ampliati i canali regolari di ingresso, vanno promossi accordi bilaterali condizionati dal rispetto dei diritti umani e non dal controllo dei flussi migratori.

Va abolita la legge Bossi-Fini che ha bloccato la migrazione regolare e ha vincolato il permesso di soggiorno al rapporto di lavoro; vanno abrogati i decreti sicurezza Salvini che hanno trasformato i salvataggi in operazioni di polizia bloccando i migranti in mare e criminalizzando le Ong; di conseguenza non è accettabile il recente decreto approvato dal Governo a Crotone la scorsa settimana, va invece realizzato un programma europeo di ricerca e salvataggio in tutto il Mediterraneo.

Occorre che l'Italia e tutta l'Europa assumano il carattere strutturale delle migrazioni e lavorare alla piena integrazione riconoscendo i diritti di cittadinanza per chi è nato in Italia, il diritto di voto almeno alle elezioni amministrative ai cittadini non comunitari, che fra l'altro con il loro lavoro nella produzione, in agricoltura, nei servizi, per la cura delle persone, sono un sostegno indispensabile per il nostro Paese. Compresa la nostra previdenza.

L'immigrazione è una delle più drammatiche emergenze che siamo chiamati ad affrontare.

ASCOLTARE LE PERSONE PER CAMBIARE Stiamo vivendo una situazione inedita, di una complessità senza precedenti che ha aperto una drammatica crisi di sistema sociale e democratica in Italia, in Europa, nel Mondo.

Noi crediamo che la democrazia si difende, si estende, si realizza praticandola attraverso la partecipazione e la mobilitazione del mondo del lavoro per trasformare la società in cui viviamo.

Questo significa mettere al centro la persona, il valore del lavoro e la libertà delle persone nel lavoro, PERCHÉ vogliamo superare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, vogliamo superare l'uso irresponsabile e l'abuso dei beni comuni: ACQUA, TERRA, ARIA, vogliamo dare un senso al cosa, al come ed al perché si produce, riconoscere il valore del prendersi cura di sé, degli altri, della natura, il saper costruire nuovi stili di vita e di consumo.

Vogliamo superare le disuguaglianze sociali, economiche e di genere.

Crediamo nella PACE e nelle possibilità di costruirla superando la GUERRA come strumento di regolazione dei conflitti, crediamo nella fraternità quale principio che consente a tutte le persone di avere uguali diritti e doveri, di essere diverse, di godere tutti della giustizia sociale.

Noi crediamo che l'umanità intera è chiamata a prendere coscienza della necessità di questi cambiamenti PERCHÉ l'emancipazione e la libertà nel lavoro delle persone che per vivere devono lavorare sono la via maestra per contrastare e superare la sbornia di una globalizzazione che ha messo in discussione qualsiasi vincolo sociale al mercato, facendo prevalere un pensiero unico in cui il profitto ed il primato della finanza sono diventati un 6 fine ed un valore in sé con la conseguente mercificazione del lavoro e dei rapporti sociali.

Noi abbiamo l'ambizione, qui ed ora, di parlare al Paese e di offrire un progetto riformatore di cui le persone siano i soggetti protagonisti con tutte le loro sempre più ricche diversità.

Ma per farlo abbiamo bisogno di reimparare ad ASCOLTARE, capire ed interpretare le domande, i bisogni delle persone in carne ed ossa, con l'umiltà e la consapevolezza che questo richiede anche un nostro cambiamento. Voglio essere chiaro: cambiamento significa che se vogliamo rappresentare e dare voce alle nuove generazioni è necessario che siano loro, i giovani, a rappresentarsi, a prendere parola e noi dobbiamo aprirci e favorire un processo di rinnovamento.

È la ragione per cui abbiamo voluto aprire questo nostro Congresso in modo diverso, non rituale. Abbiamo voluto ascoltare uno spaccato di vita concreta dalla viva voce di Ornela ed Emma. (…)

DONNA, VITA E LIBERTÀ Non ci deve sfuggire che sono 3 donne e stanno dando concretezza a quelle bellissime parole: donna, vita, libertà che dall'IRAN indicano a tutti che la lotta per trasformare la società in cui si vive passa per la liberazione della donna che è la condizione per la libertà di tutti.

La loro lotta è la nostra lotta. Allora serve coerenza tra le parole e la pratica.

L'emergenza sanitaria ha ulteriormente aggravato la condizione delle donne: aumenta il divario occupazionale e salariale, la metà delle assunzioni che riguarda le donne negli ultimi due anni sono a tempo parziale maggiormente involontario; 1 donna su 5, dopo il primo figlio, rinuncia alla propria occupazione a causa dell'impossibilità di conciliare lavoro e attività di cura, per la mancata condivisione delle responsabilità famigliari e per la carenza di adeguati investimenti nei servizi pubblici, a partire dal sistema integrato di educazione e istruzione per la fascia 0-6 anni.

Lo scorso 3 marzo in una bellissima e partecipata Assemblea nazionale delle delegate è stata varata la piattaforma di genere Belle Ciao. Propongo che il Congresso assuma esplicitamente i contenuti della piattaforma e rinnovi l'impegno di tutta la CGIL affinché, nella nostra azione di contrattazione collettiva, si rivendichi e si pratichi, ad ogni livello, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle donne, a partire dalla nostra proposta di un investimento mirato ad un piano straordinario per l'occupazione che generi nuovo lavoro di qualità e stabile, adeguatamente retribuito e tutelato. Soltanto con la piena partecipazione 10 alla vita economica del Paese, che si realizza attraverso il lavoro, le donne possono essere libere di autodeterminarsi e, di conseguenza, di far crescere il nostro Paese attraverso la loro intelligenza.

Il Governo ha deciso di stralciare dal codice degli appalti pubblici gli articoli relativi alla certificazione di genere, giustificando tale decisione con la necessità di non appesantire burocraticamente le aziende; proprio per dimostrare che si tratta di un'opportunità per valorizzare la partecipazione delle donne (nonostante i limiti e i margini di miglioramento dello strumento già espressi nelle nostre analisi) ritengo opportuno valutare la possibilità di certificare anche la nostra organizzazione, assumendoci, quindi, la responsabilità di migliorare le nostre prassi per favorire la piena e qualificata partecipazione delle donne all'interno della CGIL. Credo che questo possa essere un importante atto politico per dare centralità ai diritti delle donne. (continua la lettura sul sito della CGIL).


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