di Andrea Ermano

Che dire, puta caso, della Terza guerra mondiale, di cui si parla non poco ultimamente? Se sei preso in mezzo ad accadimenti di enorme importanza sui quali sai di non possedere informazioni sufficienti, puoi oggi visitare direttamente i siti di questa o quella auctoritas che a te paia particolarmente degna di fiducia. Magari ti aiuta a schiarirti le idee

IN TEMA DI TERZA GUERRA MONDIALE ritengo, senza nulla togliere ai dotati e meritevoli d’Italia, che si debba verificare anzitutto quel che dice il Presidente della Repubblica Mattarella. Il quale, sull’argomento, dispone, immagino, di informazioni importanti, occupandosi istituzionalmente delle relazioni in materia di sicurezza interna dello Stato, in collaborazione con l’Ufficio per gli affari diplomatici, l’Ufficio per gli affari militari e la Sovraintendenza centrale dei servizi di sicurezza.

E, dunque, visitando il sito del Quirinale troviamo il seguente commento, rilasciato in morte di Michail Gorbaciov: «In lui convivevano sincero attaccamento alle proprie radici e capacità di ascoltare e comprendere le ragioni degli altri, con il coraggio della consapevolezza che la preservazione della pace rappresentasse il valore più alto e la chiave di volta per la costruzione di un mondo migliore per tutti». Così il Capo dello Stato il 31 agosto scorso.

E io avverto tra le costole una fitta di nostalgia per il tempo ‘gorbacioviano’ che fu, nel quale ancora si lodava la pace, anche se, come canta il poeta, «un giorno il giorno tornerà… sulle case degli uomini tutti uguali, nel grande orfanotrofio della terra».

Ma adesso consentitemi di segnalare un’altra auctoritas, valida in ambito giovanile, quella dei per me lodevoli Maneskin, che hanno reinvestito il loro trionfo a Sanremo 2021 nella campagna #StandUpForUkraine: «I rifugiati in Ucraina e nel mondo hanno bisogno di aiuti umanitari urgenti. Stiamo usando la nostra voce per chiedere l’azione e puoi farlo anche tu», hanno scritto, denunciando nel video gli orrori e i crimini di guerra perpetrati in questi mesi da parte dell’invasore russo (vai alla clip).

SI DIRÀ CHE LE DUE “AUTORITÀ” CITATE sono molto diverse, la massima figura istituzionale da un lato e un gruppo protagonista della cultura musicale giovanile dall’altro. Le ho scelte così distanti per illustrare che ci sono voci influenti valide per vecchi e giovani a favore della pace e non delle armi. All’autorità religiosa faremo breve cenno tra poco. Ma prima voglio segnalare anche altre autorità, quelle della grande informazione. Per la quale chi oggi non si schieri a favore di forniture belliche in continua escalation viene sospettato di simpatie putiniane più o meno mascherate: alto tradimento!

Guai a interrogarsi sul punto di caduta finale della nostra strategia degli armamenti (multimiliardaria); perché il dubbio legittimerebbe «una lunga serie di stravaganti domande: fino a dove vuoi spingerti Zelensky? Vuoi destabilizzare Putin portandolo a compiere gesti inconsulti? Intendi forse trascinarci in una guerra mondiale? Dicci una buona volta a quali parti del tuo Paese sei disposto a rinunciare...», ironizza dissuasivamente l’autorevole Paolo Mieli sul Corriere della Sera di martedì scorso.

La sua tesi di fondo è che l’Europa deve fornire armi all’Ucraina. Altrimenti, come ammonisce un altro autorevole commentatore del Corriere, Angelo Panebianco: «Putin risulterebbe vincente. Verrebbe dimostrato che egli aveva ragione: le democrazie occidentali sono troppo deboli, troppo immemori di sé e delle proprie buone ragioni per potere resistere alla pressione delle potenze autocratiche». E ciò condurrebbe a due catastrofiche conseguenze, sostiene Panebianco.

Iniziamo dalla seconda conseguenza catastrofica, che consisterebbe nella fine della Nato e dell’europeismo, in quanto perderemmo la speranza «che l’integrazione europea possa un giorno fare dell’Europa un soggetto politico attivo» cioè capace di mettere in campo un sistema di difesa comune. E la prima conseguenza catastrofica di questa vittoria russa, secondo Panebianco, equivarrebbe a «quella di rendere più, non meno probabile, lo scoppio della Terza guerra mondiale».

Di fronte a tanta autorevolezza si rimane senza fiato. Sicché sbaglierebbe papa Bergoglio nel sostenere che: «È in corso una guerra e credo sia un errore pensare che sia un film di cow boy dove ci sono buoni e cattivi. Ed è un errore anche pensare che questa è una guerra tra Russia e Ucraina e basta. No: questa è una guerra mondiale».

Ma per gli autorevolissimi commentatori contano solo le valutazioni loro, mentre quelle altrui non valgono. Bisogna perciò marciare compatti nell’escalation “sulle sanzioni nonché sull’invio di armi agli ucraini”. Signorsì!

L’ADL DI UN SECOLO FA non avrebbe, però, mancato di denunciare anche i grandi profitti dei venditori di armi. Perché la guerra è una grande tragedia per alcuni. Ma un grande affare per altri, dato che qualcuno diventa ricco o ricchissimo: grazie alle armi, ai combustibili, al frumento eccetera eccetera. Va perciò rintuzzata una certa aria interventista, tipo 1914, quando la nostra testata denunciava i “commercianti di cannoni”. (E con quale faccia dovremmo stare noi qui oggi ad applaudire i loro emuli contemporanei?)

Comunque sia, a parte la (non trascurabile) ‘complicazione’ dell’atomica e per concludere, torniamo alla domanda sul punto di caduta di tutto ciò. Per Mattarella, esso si riconduce nella richiesta da lui formulata nel modo più limpido e solenne al Presidente Zelensky, in occasione della festa nazionale dell’Ucraina, il 24 agosto scorso:

«Va affermata ancora una volta la necessità di una immediata cessazione delle ostilità per l’avvio di un processo negoziale in vista di una soluzione pacifica, giusta, equa e sostenibile per l’Ucraina».

Sono passati due mesi dal messaggio quirinalizio e otto dall’inizio dell’invasione russa, ma il punto di caduta non varia: occorre una pace giusta ed equa. In attesa della quale, bisogna attivare un cessate il fuoco, immediatamente, affinché in Ucraina si fermi la macchina di morte secondo l’appello indirizzato da papa Francesco nell’angelus del 2 ottobre scorso al presidente russo Vladimir Putin «supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte», nonché al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, affinché resti aperto a “serie proposte di pace”.

In effetti, il G7, cioè l’Occidente, ha preso ieri una posizione abbastanza chiara sulla questione: «Nessun paese vuole la pace più dell’Ucraina, il cui popolo ha subito morte, sfollamenti e innumerevoli atrocità a seguito dell’aggressione russa. Solidali con l’Ucraina, i leader del G7 accolgono con favore la disponibilità del presidente Zelensky per una pace giusta. Ciò dovrebbe includere i seguenti elementi: rispettare la protezione dell’integrità territoriale e della sovranità della Carta delle Nazioni Unite; salvaguardare la futura capacità difensiva dell’Ucraina; garantire la ripresa economica e la ricostruzione del Paese, esplorando anche vie di realizzazione con fondi provenienti dalla Russia; perseguire la responsabilità per i crimini russi commessi durante la guerra» (vedi Statement on Ukraine, § 11, sul sito di Palazzo Chigi).

Forse non è un caso che – dopo le barbare rappresaglie russe sulle città ucraine e dopo il G7 – spuntino oggi, financo nei titoli dei giornaloni, inattese parole come “negoziati”, “dialogo”, “trattativa” (vedi Il Punto del CdS). Meglio tardi che mai.


Precedente Successivo