RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO un’ampia e articolata riflessione di MARCO MOROSINI, scienziato ambientalista, docente presso il Politecnico Federale di Zurigo, ispiratore indipendente del programma M5S e attento osservatore delle dinamiche socio-politiche italiane.

Giorgia Meloni guida il governo. Da lungo tempo i media diffondono quotidianamente centinaia di fotografie, fornite dal suo ufficio stampa, che la ritraggono in pose accattivanti, molto spesso con un gran sorriso e uno sfondo di folla mentre si fa un selfie. Finora il suo programma è stata lei stessa, ma non ha mai diretto un’azienda, un assessorato, un comune, una provincia, una regione o un ministero importante. Nelle interviste su di lei le persone rispondono solitamente “Mi piace” anziché “Sono d’accordo”. Sui presupposti, i risultati e le prospettive di quella che, ormai in pieno corso, possiamo denominare “L’operazione Meloni” ho intrapreso sull’ADL del 20/10/2022 un’analisi, di cui propongo qui la seconda e ultima parte.

L’Italia futura secondo Meloni - Nei dibattiti Meloni è pugnace e convincente. È naturale che la gente si sia domandata: “Perché non darle una chance?” Ed è qui che occorre conoscere qualcosa del suo avvenire e del suo passato.

Nell’avvenire dell’Italia secondo Meloni ci sono parole come “Nazione”, “Patrioti”, “Difesa della Patria”, “Confini nazionali”, “Migranti irregolari” o “Clandestini”, “Tradizione giudaico-cristiana”, “Orgoglio italiano” eccetera. Poi c’è l’obiettivo di rendere l’Italia una repubblica presidenziale.

Tra le promesse elettorali, che adesso si stanno riversando nel programma di governo, ci colpiscono:

  • un’aggressiva politica della natalità che scoraggi l’aborto e premi chi fa più figli (il modello è la politica ‘natalista’ di Viktor Orban; in progetto c’era anche il ministero della Famiglia e della Natalità, ora attribuito a Eugenia Roccella),

  • l’abolizione del reato di tortura perché “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro” (negli anni Ottanta l’MSI voleva la pena di morte),

  • la “castrazione chimica” per i responsabili di certe violenze,

  • il contrasto della “lobby LGBT“,

  • l’ottenimento più facile del porto d’armi,

  • il principio che “la difesa è sempre legittima“,

  • il “blocco navale“ davanti alla Libia contro i “clandestini”,

  • la repressione delle ONG che salvano i naufraghi, con sequestro e affondamento delle loro navi,

  • l’abolizione del reddito di cittadinanza (una legge del Movimento 5 Stelle che dà un piccolo sostentamento a quattro milioni di poveri, molti dei quali, secondo Meloni “restano seduti sul divano a fumare le canne”),

  • la riduzione delle imposte ai più ricchi, “pace fiscale“, ossia condono delle piccole evasioni fiscali.

  • la “Flat tax al 15%“ (in realtà l’aliquota del 15% dell’imposta sul reddito varrebbe solo per la parte di reddito superiore a quello degli ultimi anni).

Nelle parole di Meloni ci sono: enfasi nazionalista, ostilità verso soggetti deboli o diversi (migranti, nomadi, omosessuali, tossicodipendenti), scherno e denigrazione per gli avversari e le categorie sgradite, tolleranza verso le violenze della polizia e dei cittadini armati che si difendono da soli, lotta alle “devianze” (tra le quali include l’obesità). Grande assenza di riferimenti alla crisi ecologica.

Il virulento discorso del 14 giugno 2022 a Marbella a un convegno dell’estrema destra spagnola “Vox” è un esempio di alcuni di questi atteggiamenti

Queste propensioni non piovono dal cielo ma hanno radici nella mentalità che ha forgiato Meloni, una mentalità il cui imprinting non sapremmo come definire se non neofascista. Per questo è necessario conoscere il passato politico della nuova premier venuta dalla destra.

Neofascista a quindici anni - Meloni è cresciuta nella periferia di Roma della Garbatella. La sua grinta popolana e il suo accento romano la fanno percepire come una genuina novità, diversa dai “politici attaccati al potere” contro i quali inveisce, ma di cui ha fatto parte durante i governi Berlusconi. Fratelli d’Italia è l’attuale denominazione assunta dall’MSI, partito neofascista fondato nel 1946 da ex gerarchi e da ex militari in camicia nera.

Una Meloni diciannovenne, in un reportage del 1996 trasmesso sulla televisione “France 3”, dichiara: «Credo che Mussolini sia stato un buon politico, vale a dire che tutto quello che ha fatto lo ha fatto per l’Italia». Faceva eco al suo capo di allora, Gianfranco Fini, il quale aveva detto che occorreva creare «il fascismo del 2000» (1988) e che «Mussolini è stato il più grande statista del secolo» (1992).

In tema “Mussolini”, tre parenti stretti del “duce” sono stati candidati al parlamento da Fratelli d’Italia o dai partiti che hanno preceduto questa formazione politica: Alessandra e Rachele Mussolini (nipoti di Benito) e Caio Giulio Cesare Mussolini (pronipote).

Alessandra Mussolini è stata per ventiquattro anni parlamentare neofascista, dichiarandosi «fiera del nome che porto». Da più di settant’anni gran parte del personale italiano di provenienza neofascista onora Mussolini e il suo regime, seppure con intensità decrescente. Ma riuscireste mai a immaginare in qual modo tre discendenti di Hitler potrebbero essere eletti nel Bundestag di Berlino? E figuratevi poi se si dichiarassero fieri di quel nome.

Ecco, adesso avete un’idea dell’ambiente che ha formato Meloni dai suoi quindici anni, quando nel 1992 aderì all’MSI. Laddove la presidente di Fratelli d’Italia, assurta a Palazzo Chigi, ha più volte confermato la continuità con la tradizione dell’MSI-AN-FdI nonché l’orgoglio per il suo simbolo: la “fiamma tricolore”.

Questa fu disegnata nel 1946 dal fondatore dell’MSI Giorgio Almirante ed è tuttora nel logo di Fratelli d’Italia. «Occorre la consapevolezza storica di ereditare una tradizione, una cultura, un’identità e un’appartenenza», ha rivendicato Meloni.

E quando la senatrice a vita Liliana Segre, israelita milanese sopravvissuta ad Auschwitz e vittima delle atroci persecuzioni nazi-fasciste, chiese di togliere la fiamma, Giorgia Meloni rispose: «Non c’è motivo per togliere la fiamma. Rappresenta la continuità con la storia di una destra repubblicana e democratica». Quale continuità? Nella storia dell’MSI, come abbiamo visto, si annoverano criminali di guerra, collaboratori di nazisti, responsabili di attentati, torture, uccisioni, massacri e financo di un tentativo di colpo di stato contro la Repubblica Italiana.

Chiariamo un equivoco. Il problema oggi è il neofascismo, non il fascismo. A Meloni non si chiede conto di ciò che fece Mussolini cento anni fa. Si deve chiedere conto di ciò che il neofascismo fa oggi e di ciò che ha fatto nel dopoguerra.

Per esempio, è del 2022 il saluto fascista eseguito durante una cerimonia pubblica da Romano Maria La Russa, esponente del partito di Giorgia Meloni, assessore regionale lombardo e fratello di Ignazio Benito Larussa.

È stato inquietante vedere Giorgia Meloni parlare al congresso delle estreme destre CPAC del 28 febbraio 2022, tenutosi nella città di Orlando in Florida, padrone di casa Donald Trump, l’ex inquilino della Casa Bianca indagato per istigazione all’assalto armato contro il Parlamento statunitense.

E qui ritorna alla mente il tentativo di colpo di stato organizzato nel 1970 dall’ex presidente dell’MSI, Borghese. Chi è stato Borghese? Un criminale di guerra, responsabile di stragi e torture perpetrate (contro italiani) dall’unità militare nazi-fascista “Xa MAS” (Divisione fanteria di marina decima), da lui denominata M.A.S. secondo le iniziali del motto latino Memento Audere Semper, molto in voga nel 1943 tra i dannunziani filo-hitleriani.

Junio Valerio Borghese (1906-1974) fu condannato a dodici anni di reclusione, ma poi liberato per amnistia.

Un mausoleo per un ex presidente dell’MSI, criminale di guerra - Dopo il 1945 i criminali di guerra italiani non furono puniti, come invece avvenne a quelli tedeschi e giapponesi. È questa omertà che permette a Fratelli d’Italia di onorare ancora oggi con un monumento pubblico un criminale di guerra italiano. L’11 agosto 2012, infatti, l’allora capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Lollobrigida, ha inaugurato ad Affile (Roma) il mausoleo “Patria e onore” in memoria del Generale Rodolfo Graziani, già Viceré d’Etiopia e poi presidente dell’MSI, ossia uno dei predecessori di Meloni durante il biennio 1953-1954.

Perché questo monumento? Come accennato, il mausoleo è stato voluto dal ministro-cognato Francesco Lollobrigida, che ha ottenuto dalla regione Lazio 127mila euro per costruirlo. In Italia è stato praticamente ignorato, ma ha suscitato indignazione nel mondo, da Addis Abeba alla BBC al New York Times. Secondo lo storico Angelo Del Boca, massimo studioso di quel periodo, Graziani fu “il più sanguinario assassino del colonialismo italiano” durante la Guerra fascista all’Etiopia del 1935-36 che uccise 250mila africani. Decine di migliaia di civili furono avvelenati con i gas di guerra iprite e fosgene, o assassinati in massa, o fatti morire in marce nel deserto o in campi di concentramento, che di fatto furono campi di sterminio.

Dal 21 al 29 maggio 1937 nel monastero etiope di Debra Libanos le truppe di Graziani trucidarono più di mille cristiani sospettati di appoggiare la resistenza etiope: monaci, diaconi, pellegrini ortodossi. Su Graziani si veda il film dedicato all’eroe della resistenza anticolonialista libica Omar al-Mukhtar, Il leone del deserto (1981), con Anthony Quinn, Rod Steiger e Irene Papas. Graziani fu incluso nella lista dell’ONU dei criminali di guerra, ma la richiesta di estradizione dell’Etiopia venne negata dall’Italia nel 1949. Nel 1950 fu condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo con i nazisti, ma fu scarcerato in pochi mesi.

Due anni dopo Graziani era presidente dell’MSI.

Questo approfondimento non sembri fuori luogo. Esso serve a sollevare una questione bruciante:

Se l’MSI-DN-FdI si è impunemente permesso di costruire un sacrario in onore di un criminale di guerra quando era all’opposizione, cosa si permetterà ora che ha conquistato il governo?

In molte città politici dell’MSI-DN-FdI hanno intitolato strade e piazze a personaggi del fascismo, spesso macchiatisi di delitti impuniti.

È del 2016 la grande mostra “Nostalgia dell’avvenire” per commemorare i settant’anni dell’MSI, intitolata con il motto del suo fondatore Giorgio Almirante.

Né è raro vedere neofascisti esibire saluti romani e simboli del fascismo, o commemorare la marcia su Roma, oppure andare in pellegrinaggio a Predappio per onorare la “Cripta Mussolini“. Basti ricordare che nel 2008 l’elezione del neofascista Gianni Alemanno a sindaco di Roma fu festeggiata sulla scalinata del Campidoglio con saluti romani, qualche camicia nera e gran sventolio di certe bandiere. E fu proprio il fondatore di Fratelli d’Italia Ignazio Benito La Russa, a ostentare e difendere il saluto fascista il 13 settembre 2017 in Parlamento. Oggi presiede il Senato della Repubblica

La manipolazione delle parole - Le estreme destre e la destra italiane sono riuscite a insediare nel linguaggio nazionale una serie di manipolazioni delle parole a loro vantaggio. La più efficace è l’espressione “centro-destra” che designa l’attuale coalizione di Forza Italia con due partiti di estrema destra. Essa fu escogitata nel 1994 da Silvio Berlusconi per la sua coalizione di Forza Italia con gli indipendentisti della Lega e con “i fascisti” – come Berlusconi li chiama.

La parola “centro-destra” è ancora usata universalmente per definire la coalizione estreme-destre-destra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia).

I politici e i media delle destre si autodefiniscono “centro-destra”, ma chiamano con disprezzo il centro-sinistra “la sinistra”. I media e i politici di centro-sinistra, invece, chiamano pavidamente “centro-destra” la coalizione estreme-destre-destra, adottando così il suo inganno verbale.

Un’ulteriore manipolazione è quella del nome del partito: “Fratelli d’Italia”, infatti, è il nome ufficioso dell’inno nazionale italiano, un bene pubblico di cui i neofascisti si sono appropriati. Il risultato è che ormai quando si canta l’inno nazionale inevitabilmente si evoca il nome del partito di governo.

Questa operazione somiglia quella di Berlusconi quando nel 1994 chiamò “Forza Italia” il suo partito, appropriandosi dell’incitamento con il quale le folle incoraggiavano negli stadi gli atleti italiani. Questi ultimi erano chiamati “gli azzurri”, fino a quando Berlusconi si appropriò anche del colore azzurro. I parlamentari del partito Forza Italia divennero da allora “gli azzurri”, la sezione femminile divenne “Azzurro donna”, la piattaforma dei simpatizzanti divenne “Spazio azzurro”.

La manipolazione dei numeri - Prima delle elezioni del 25 settembre quasi tutti i media scrivevano che il cosiddetto “centro-destra” aveva venti punti di vantaggio sul centro-sinistra, suscitando così l’impressione che a livello nazionale il trionfo delle destre fosse ormai certo.

In realtà, i livelli di consenso si attestavano entrambi intorno al 45%, come avviene da decenni. L’invenzione del “20% di differenza” risultava dall’aver considerato “centro-sinistra” la solo coalizione del Partito Democratico con alcuni piccoli partiti (26% dei voti) e dall’aver trascurato, nel campo del centro-sinistra, l’esistenza degli altri partiti tra cui il Movimento 5 Stelle (16% dei voti) e altri partiti antifascisti (8%).

Alle elezioni del 25 settembre il partito Fratelli d’Italia è stato il più votato. Tuttavia non ci sono state scene di festa né saluti romani nelle strade. La sua presidente Giorgia Meloni è quasi scomparsa dai media. Dopo avere svolto il suo ruolo sulla ribalta, ha lasciato lavorare gli artefici dell’”Operazione Meloni”.

Perché occorreva tutta la perizia degli anziani leader delle destre per spartire i ministeri e rassicurare i media, i governi e gli operatori economici internazionali.

Avere lasciato lavorare chi ha più esperienza è segno di saggezza di Meloni che potrebbe preludere a sorprese. Quindi, adesso staremo a vedere come andrà avanti, questa estrema destra presentatasi all’appuntamento con il governo ostentando tricolori e parole come Patria, Nazione, Orgoglio Italiano.

Resta da chiarire come mai onora anche i traditori dell’Italia che collaborarono con l’occupazione nazista e perseguitarono la popolazione civile, torturando e uccidendo i patrioti che difendevano la libertà degli italiani.

Due ventenni di egemonia delle destre – il ventennio fascista e il ventennio berlusconiano – hanno reso l’Italia peggiore e ne hanno compromesso la reputazione nel mondo. Se Giorgia Meloni davvero ama l’Italia, toccherà a lei dimostrare di saper fare il contrario.

(2/2 - Fine. Una prima versione del presente testo è apparsa sul sito di MicroMega).


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