Migranti, l’odissea senza fine
16, MarSono ormai vent'anni e passa che si è aperto il fronte sud dell'immigrazione… Ma sostenere che la Russia favorisca la partenza di migranti per mettere in difficoltà l'Italia è una grande bufala.
Dopo l'Albania, le rotte balcaniche via terra, la Turchia e la Grecia, la Libia è diventata il maggior punto di partenza dei migranti arrivati dal Corno d'Africa, attraverso la frontiera di Kufra, ai confini tra l'Egitto e il Sudan. E, dall'altra parte, attraverso il Niger. Un ventennio durante il quale ci siamo ostinati a gestire l'emergenza migratoria soltanto in chiave di ordine pubblico. Se si dovesse fare una statistica dei ministri di Roma, in missione a Tripoli, troveremmo al primo posto i ministri dell'Interno, solo dopo i presidenti del Consiglio. Ci sono stati ministri degli Esteri che mai hanno toccato il suolo tripolitano (se non andiamo errati, Gianfranco Fini, quando era alla Farnesina, non andò mai in visita ufficiale in Libia). Ciò non vuol dire che poi i rapporti tra i due Paesi non furono stretti, tanto che vivemmo una stagione feconda di collaborazione fino alla firma del Trattato di amicizia tra i due popoli – unico caso di un Paese europeo con la Libia – sottoscritto dai parlamenti dei due Paesi.
Ora, sostenere che la Russia di Putin – attraverso la società Wagner, che si occupa di mercenari ed è un esercito privato – favorisca la partenza di migranti per mettere in difficoltà l'Italia è una grande bufala. Che già ci toccò sentire agli inizi di questo millennio, quando il fiume carsico dei flussi migratori, dopo la chiusura delle frontiere di Ceuta e Melilla (ingressi in Europa attraverso le due città spagnole in Marocco), trovò il suo sbocco in Libia. Allora l'Occidente – l'Italia in particolare – accusò il colonnello Gheddafi di usare l'arma del ricatto dei migranti per ottenere, in cambio, la cessazione dell'embargo che aveva messo in crisi la Libia. Embargo che cessò, nel 2003, quando il regime libico annunciò la fine della produzione di armi chimiche, e fece entrare gli ispettori internazionali a controllare i diversi siti di stoccaggio per la loro distruzione.
Certo, i report degli analisti della nostra intelligence potranno avere anche prospettato questa ipotesi, sulla base della presenza in Cirenaica del gruppo Wagner; ma allo stesso modo ci sono in Libia altre presenze straniere, dalla Turchia ai Paesi del Golfo. Dunque, ancora una volta, i ministri dell'Interno e della Difesa italiani puntano il dito contro la Libia, sempre più avvolta in una crisi di prospettiva democratica, per colpa dei "burattinai" stranieri che muovono le loro pedine sullo scacchiere libico.
In realtà, oggi il rischio di "invasione" c'è – ma non dalla Libia, quanto piuttosto dalla vicina Tunisia, in piena crisi economica e democratica. Le stime degli 007 ipotizzano un flusso di settecento-ottocentomila tunisini disposti a partire. Se poi siano in grado di farlo, questo è un altro discorso. Ma la questione esiste. E non va dimenticato che le partenze ci sono state, in passato, anche dall'Egitto. (continua sul sito)

