In uno dei suoi film migliori, Viridiana (1961), Luis Buñuel ha messo in scena una sorta di paradossale “ultima cena” offerta a disgraziati e diseredati, in conclusione della quale essi si danno a una sfrenata bisboccia, arrivando fino all’aggressione fisica.

La carità e la pietà non possono placare la carica di violenza che la condizione stessa di reietti porta con sé, amaro frutto di una società che la produce. È la tesi del film, che rinvia – senza nominarla, per non guastarla con qualche chiacchiera edificante – a una liberazione capace di mutare le strutture portanti di un mondo in cui la povertà possa esistere.

È insomma inevitabile che – per non essere puri e semplici elementi esornativi della contemporaneità – i poveri siano come sono: pronti a deludere chi ritiene di adoperarsi per loro. Non è affatto strano che, avendone la possibilità, si diano a un’attività del tutto mimetica nei confronti del mondo che li circonda.

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