La guerra è tornata e sembra che possa tornare ancora con un coinvolgimen­to ben più ampio rispetto a quello dovuto all’aggressione contro l’Ucraina da parte della Russia. Sempre più il conflitto in atto sembra predisporre il motivo di un maggiore tragico confronto armato al di là dello “specifico” russo-ucrai­no. La visita di Xi Jinping a Mosca lo ha messo sul tavolo.

La definizione di un nuovo ordine mondiale è oramai al primo posto dell’agenda internazionale. Come drammaticamente ci insegna la storia, i nuovi ordini mondiali, da che mondo è mondo, si realizzano dopo un conflitto tra le parti in causa. Non averlo tenuto presente alla caduta del comunismo è uno di quegli errori che potremmo pagare caro: sicuramente, è stato un errore compiuto dall’Occidente.

Si è superficialmente pensato che, uscita di scena una delle più terribili dittature che il mondo abbia conosciuto, finalmente la democrazia, con i suoi buoni principi e i suoi valori, l’avesse avuta vinta una volta per tutte; che il mercato globalizzato ne costituisse l’emblema; che l’evoluzione del mondo verso la libertà fosse oramai inarrestabile.

Si è trattato di un peccato di tragica superficialità che non ha tenuto conto, da un lato, della complessità del quadro mondiale e, dall’altro, che il comunismo sovietico è caduto sconfitto non dalla democrazia occidentale, ma non propria autodissoluzione. L'Occidente è stato a guardare. Tale atteggiamento – in un momento nel quale gli strumenti atlantici di difesa erano in fase di stanca – ha acceso la follia strategica di Putin, spinto a rilanciare un disegno da sempre presente nello spirito di chi esercita il potere russo: fare della Russia la potenza preminente su un continente europeo geopoliticamente considerato estendersi in ampiezza dagli Urali all’Atlantico.

L’attacco all’Ucraina, di conseguenza, ha rappresentato un passo quasi “doveroso” per impedire che, quanto ritenuto in ogni modo inscindibile dalla Russia, scivolasse verso il versante occidentale. Mosca, in altri termini, ha inteso vietare che un luogo da sempre tutto “dentro” lo spirito culturale slavo e una concezione orientale del potere potesse divenire “altro”. A fronte di ciò l’Occidente si è mobilitato; gli Stati Uniti in testa, l’Europa al fianco, la Nato attore di sintesi e di prima linea. Lo spettro che lo scontro possa evolvere verso l’impiego delle armi nucleari, più che una deterrenza, pare un rischio concreto. Anche perché di ogni guerra si sa come inizia e mai come termina.

In Ucraina si gioca, quindi, una partita di grande portata. Fino a ora la Cina ha tenuto un atteggiamento di cautela. Il fatto che non abbia inviato armi a Mosca ne è la dimostrazione, ma politicamente è scesa ufficialmente in campo dicendo cosa persegue: un nuovo ordine mondiale.

Quello uscito dal secondo conflitto mondiale è andato in crisi e – poiché, per una via o per l’altra, a un nuovo ordine prima o poi si arriverà, – è chiaro che Pechino non lascerà che sia la Russia a fare da controparte agli Stati Uniti.

Hanno ragione coloro che sostengono che se Cina e Usa trovano un accordo la guerra finisce. Xi, tuttavia, non può permettersi un Putin trionfatore, ma nemmeno un Putin sconfitto. E dunque rimane un rebus quale possa essere il punto di caduta. Non ci sarebbe da meravigliarsi se il notorio pragmatismo cinese riuscisse a individuare una ipotesi di soluzione su cui convenire, essendo implicito che la Russia, partita per egemonizzare l’Europa, sia di fatto sotto la tutela cinese.

Il nuovo ordine non può giocarsi a tre. Ma potrebbe giocarsi a quattro, se l’Europa fosse nelle condizioni di rappresentare un interlocutore capace, nell’ambito dell’area occidentale, che non è in discussione, di proporsi come protagonista politico del riassetto mondiale. Così, però, non è. L’Europa è a ciò impossibilitata avendo rinunciato a perseguire un grande disegno. Passi avanti rispetto agli esordi ne ha compiuti, rimanendo, però, ben lontana dalla conformazione politica che la potrebbe mettere nelle condizioni di parlare a voce alta, politicamente autonoma e autorevole.

Di conseguenza, ipotizzando un nuovo ordine mondiale fondato sui pilastri rappresentati dalla Cina e dagli Usa, ciò significa che – come la Russia sarà di fatto subalterna alla prima – l’Europa lo sarà ai secondi.

La Cina, temendo di essere dominata dagli Usa, ha iniziato con protagonismo assai attivo un’opera di penetrazione politica e anzitutto economica – gli affari sono sempre al primo posto – in diversificate aree del mondo. Questo accade in Medio Oriente con l’accordo tra Teheran e Riad cui dovrebbe seguire entro l’anno il summit con i Paesi del Golfo. Con l’Iran, poi, si sono appena concluse, partecipe anche la Russia, esercitazioni militari congiunte. Dopodiché Teheran è stata ammessa nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai; anche qui Mosca è presente e sta altresì valutando l’idea di farci entrare l’Arabia Saudita. l di là dell’aspetto del partenariato economico, la Cina si sta così configurando come partner di sicurezza nella regione centro-asiatica pure per quelli Stati, già sovietici, che guardano a Mosca con sempre minor fiducia.

Lo fa soprattutto in Africa. Negli ultimi anni ha elargito a vari Paesi più di 160 miliardi di dollari; un po’ dappertutto società cinesi hanno acquistato miniere di litio, praticamente tutte quelle dello Zimbabwe come pure quelle d’oro nella Repubblica Centroafricana ove anche la presenza post-sovietica è piuttosto massiccia.

Fuori dall’Africa, nel Sudest asiatico, continua a investire in Pakistan e corteggia l’Indonesia per la sua posizione strategica, rivaleggiando con gli Usa. Dallo Stretto di Malacca passa, infatti, gran parte delle forniture energetiche della Cina.

Nell’America latina, da tempo, l’Argentina è coinvolta nella “Via della Seta”. La Cina sta per vendere a Buenos Aires aerei caccia; Lula sta per recarsi a Pechino, primo partner d’affari del Brasile. Inoltre, Xi ha provocato la rottura dei rapporti diplomatici dell’Honduras con Taiwan così come aveva fatto con El Salvador, Panama e Nicaragua. Insomma, dove arriva, porta l’idea che non esiste solo una modernizzazione di tipo occidentale, ma che quella cinese ne rappresenti una forma ben più avanzata; implicando che non esista, cioè, un modello unico – quello americano – ma anche uno cinese.

In Africa, non va dimenticato, quanto forte sia pure il protagonismo russo: terreno adatto per impostare il nuovo ordine mondiale. In Africa, Cina e Russia procedono affiancate; per esempio, qualche mese fa, la flotta del Sud Africa ha svolto esercitazioni con la marina russa e quella cinese. La Russia, avvalendosi dei vecchi legami nati al tempo dell’Unione Sovietica, ha recuperato uno spazio che lega Libia, Mali, Burkina Faso e Sudan; si sta muovendo verso la Costa d’Avorio e spera di riuscire a penetrare in Ciad. Basta guardare una carta geografica per capire che, se il disegno si compisse, i russi potrebbero controllare, spezzandolo in due, il continente africano dal Mar Rosso fino al Golfo di Guinea.

Si è detto della Cina e della Russia in Africa ove agiscono senza danneggiarsi a vicenda; però, se si pensa che i cinesi investono grandi somme di denaro in Etiopia, Kenya e Angola si comprende che anche in questo continente il nuovo ordine mondiale ha la stessa postura che Xi propone in generale; nel caso africano tramite un nuovo colonialismo.

Una partita complessa per gli Usa; la Nato, a seguito della guerra, si è certamente rafforzata e il fronte comune con l’Unione Europea e i Paesi alleati del Pacifico (quali Giappone, Corea del Sud e Australia) è ben saldo, tuttavia l’aspetto militare ci pare prevalga tanto su quello politico quanto su quello economico, mai così intrecciati come in questo momento.

Ci domandiamo se non sarebbe il caso che l’insieme dei Paesi liberal-democratici aprissero un serio confronto per rimodulare il concetto stesso di Occidente non considerandolo solo in termini di difesa militare, ma avendo a riferimento centrale di riflessione la sostanza dell’essere democratici oggi. L’operazione – vista la crisi in cui versa la democrazia nei Paesi liberi ed economicamente sviluppati – sarebbe assai utile a ripensare ciò che implica la “pace” quale concetto politico.

Senza grandi idee e alti ideali il mondo non si cambia. Se si dà per scontato che siano i fatti ad acchiappare il pensiero, la politica si riduce ad affarismo, mercatismo, manipolazione e sfruttamento. In tal caso si finisce per riconfermare la tragedia della storia per cui i nuovi ordini del mondo scaturiscono solo dai conflitti. Oggi, però, a differenza del passato, disponendo delle armi nucleari l’uomo, prima del nemico, distrugge sé stesso.


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