Nei tempi, oramai pleistocenici della democrazia italiana, quando si arrivava in questi giorni, era tutto un gran parlare di “autunno caldo” prefigurando settimane di lotte sociali e di duri confronti politici. Oggi l'espressione non è adoprata nemmeno per sbaglio dalla stampa che nei luoghi comuni e nelle espressioni che vorrebbero essere immaginifiche pure è abituata a sguazzare scialacquando modestia di lettura e talvolta di professionalità.

L'autunno ci sarà, naturalmente, ma sarà freddo e grigio, politicamente avvilente e socialmente nel segno della decadenza in un quadro di lotta politica praticamente ridotto allo scontro quotidiano tra Meloni e Salvini del quale la presidente del consiglio deve ben più preoccuparsi che non della Schlein. Alla segretaria del Pd forse non guasterebbe un corso di 150 ore su come si fa l'opposizione e sulla responsabilità che comporta in un momento come questo. Oggi, infatti, la confusione – pratica nella quale storicamente gli italiani sono ben adusi – e le pulsioni della destra si combinano e si cerca di coprire il livello basso della nostra vita pubblica dietro una comunicazione infantile, fatta di apparizione nei telegiornali compiacenti ove, ogni sera, va in onda una rappresentazione patetica e ridicola di personaggi che recitano slogan per lo più anche malamente.

È il velo che copre il vuoto. Il canone sempre lo stesso: qualunque cosa faccia la presidente del consiglio è un successo, in Europa o fuori d'Europa. Senza dilungarci troppo la questione dell'immigrazione ci dice che in Europa la considerazione è minima e fuori – vedi la Tunisia onorata di ben due viaggi della Meloni – addirittura nulla. Si è presentato il ricorso al Cnel per la questione del salario minimo come un colpo di genio. Ora, fermo restando che ci risulta che il Cnel non sia stato nemmeno invitato alle consultazioni che il Parlamento ha fatto sull'argomento, si dovrebbe sapere che il Consiglio è un organo di preconcertazione tra i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori è la sede del dialogo sociale e, a tale fine, utilissima e da sfruttare; poi, le scelte spettano alla politica e il buon Brunetta ce la metterà tutta per essere all'altezza del compito assegnatogli. Al massimo, se preconcerterà, non potrà che costruire un metodo, ma la palla deve essere giocata dal governo nel confronto coi sindacati i quali, non sono solo divisi, ma quando si svegliano sembrano ancora assonnati.

Problemi seri ve ne sono ovunque ci si rigiri: la sanità, la scuola, la sicurezza sul lavoro, le periferie urbane il cui degrado pone questioni che vanno oltre la categoria della delinquenza e dello spaccio, l'ambiente. A questo proposito la terra e la climatologia del pianeta si ribellano a secoli di perpetrate violenze basate sullo sfruttamento e la corsa ai profitti. Se l'Italia ha un ministro dell'ambiente – ci sembrava di ricordare che uno ne fosse stato nominato – sarebbe il momento che parlasse, ma non per fare una dichiarazione piena di sole parole, bensì un ragionamento politico.

I fenomeni che succedono ci dicono chiaramente che non siamo di fronte al cambiamento climatico; la questione non è più se piove quando dovrebbe essere bello o se nevica quando ci dovrebbe essere il sole lasciando intendere che, alla fine, tutto tornerà per rimettersi in ordine. No: la verità è che siamo di fronte a problemi economici e sociali di portata planetaria. Gli incontri per fare notizia, per far vedere che si affronta il problema, le disquisizioni più o meno cervellotiche e via dicendo fanno solo perdere tempo e offendono l'intelligenza umana. Siamo di fronte a un dramma che coinvolge l'umanità tutta. Occorre la politica e uomini politici, naturalmente. Non vediamo né l'una né gli altri. Siamo anche in buona compagnia, ma ciò non è una scusante. Nessuno è in grado di dire come la vicenda andrà a finire; di sicuro sappiamo che le generazioni future non vedranno il succedersi delle stagioni. Non è una nota romantica, ma il segno di ben altro che definire esistenziale è dire poco.

Il tarlo dell'italianità – tipicamente fascista e nazionalista – rode la nostra tenuta civile storica. D'altra parte chi semina vento raccoglie tempesta. La stessa dicitura in termini di italianità di alcuni ministeri e l'azione del ministero della cultura in un'operazione di reimpostazione del paradigma culturale italiano in chiave nazionalista, hanno cominciato a dare i propri frutti; bassi e malsani peraltro, ma hanno dato fiato a un confuso e comune senso di orgoglio e di superiorità “nazionale” pericoloso perché di facile e distorcente presa su certi cervelli. Il caso del generale che difende la fisiognomica “italiana” e le dichiarazioni di quel consigliere regionale “fratello italiano” per cui i veneti sono tali solo se bianchi rappresentano fatti gravissimi. Sergio Mattarella fa da argine con forza e autorevolezza, ma non basta: contro questo schifo occorrerebbe una mobilitazione collettiva di ampie dimensioni; tuttavia, tutto sembra cadere nel pettegolezzo giornalistico morboso di sapere se il generale andrà con Salvini o se FdI espellerà il consigliere regionale quando il problema è il perché vi militino gente simile. Forse ne stanno discutendo tra il ridimensionato Donzelli e la signora Arianna, pretoriana della massima affidabilità per la compattezza del Partito, quasi un agente ansiolitico delle paure politiche del presidente del consiglio che vuole primeggiare in maniera esclusiva non riuscendovi. Il timore è comprensibile poiché se, per un qualche motivo, perde la presa ferrea sul Partito potrebbe anche inciampare. Forse è consapevole del fatto che solo grazie a una legge demenziale - che ha peraltro il consenso di tutti - ella, pur essendo la minoranza, ha conquistato la maggioranza. Come tutte le contraddizioni anche questa è destinata a scoppiare ed è chiaro chi sarà a farne le spese in prima battuta. Il ridimensionamento dell'uomo forte messo a presidio del Partito vuol dire che la fiducia era venuta meno e che si subodorava qualcosa di potenzialmente pericoloso; da qui il via alla promozione familiare. Lo sconfitto non ha avuto altro da ribattere che non c'è niente di cui scandalizzarsi perché un'operazione simile, a suo tempo, la fece anche Fini con l'onorevole Donato Lamorte. E tutto è proprio il caso di dire, è morto lì.

Povera Italia; povera in ogni senso. Così, mentre tutta la maggioranza si rappresenta impegnata a tagliare cunei, mettere soldi in tasca degli italiani, a cantierare provvedimenti per la natalità, aumentare le pensioni fino a spingere un ministro a dire che più povero sei meglio mangi; le tabelle dei conti, però, ci dicono che i soldi non ci sono e così le promesse di coloro che si definivano “pronti” rimangono parole al vento. Promesse irrealizzabili e iniziative talora ridicole come quella del ministro Urso che ha illuso la gente che il costo della benzina sarebbe stato raffreddato da cartelli con i prezzi del carburante. Se chi aveva bisogno di fare il pieno rilevava irregolarità sui prezzi avrebbe dovuto denunciare la cosa su una piattaforma – anche questa delle piattaforme è una questione su cui si dovrà tornare in quanto illiberale e anticostituzionale poiché presuppone illiberalmente quanto un cittadino non è tenuto ad avere – e , quale ultimo atto, il caso sarebbe finito alla Guardia di Finanza che sarebbe intervenuta non si sa per fare cosa. E intanto il denunciatore forse rischiava di stare, non si sa per quanto tempo, con la macchina ferma a guardare il cartello promosso da Urso!

I soldi, quindi, non ci sono e allora che succede? Quello che è già successo e risuccesso; vale a dire che si ricorre a cercarli nelle pensioni. L'anno scorso si è avuto un taglio enorme: ben 10 miliari in tre anni. Un fatto gravissimo antidemocratico e anche anticostituzionale poiché si nega il riconoscimento ad avere una pensione dignitosa; si tratta della violazione di un rapporto di diritto quale quello pattizio tra lo Stato e il contribuente. I pensionati, infatti, non avendo un contratto hanno solo l'indicizzazione. E chi si colpisce? Chi percepisce un assegno di circa 2.100 euro lordi si vede negati 1600 euro netti e si tratta delle pensioni di insegnanti, impiegati, tecnici, ex operai; ossia si attinge nel grosso sociale delle pensioni medie perché colpendo i trattamenti alti il ricavato sarebbe minimo. In parallelo aumentano le pensioni minime, cioè le pensioni sociali, di quelli che per lo più le tasse non l'hanno mai pagate quasi sempre artigiani e commercianti.

L'abolizione della legge Fornero sarebbe stato un atto oggettivo di giustizia, ma non succede niente poiché le cosiddette “quote” riguardano solo una parte molto piccola di italiani e di flessibilità si parla sempre e solo in entrata e mai in uscita.

Cambiamento climatico, quindi: dall'autunno un tempo caldo siamo a quello polare. I poli terrestri come si sa si stanno sciogliendo, quello che rappresenta il governo sarà travolto da una tempesta di chiacchiere mentre il Paese galleggia alla deriva nel grande mare del populismo.

È un autunno di troppe chiacchiere, vuoto di idee vere e con lo Stato con le casse asciutte. (continua la lettura sul sito)


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